Il lavoro invisibile
                            Storia dell’assistenza psichiatrica nell’area del Tirolo storico dal 1830 a oggi

Eugenetica ed eutanasia nazista

La sequenza [tre] si occupa della psichiatria durante il nazionalsocialismo, dei suoi antecedenti e dei suoi sviluppi. Già alla fine del secolo XIX e ai primi del XX si affermarono in ampi settori delle scienze, anche della psichiatria, una dottrina della involuzione ispirata ai dettami della ereditarietà biologica e/o della teoria dell’ambiente e una dottrina della degenerazione motivata in termini eugenetici e, successivamente, di igiene razziale. La documentazione filmica ne ricostruisce lo sviluppo che, a partire dagli esordi ideologici e attraveso la politica sanitaria dello Stato nazista, ha portato alle uccisioni dei malati nell’ambito del programma di ’“eutanasia” nazista noto come “operazione T4”. Più di 200.000 persone portatrici di una disabilità psichica e/o mentale hanno trovato la morte in quel contesto. È risaputo da tempo che una parte di questa storia ha riguardato anche il Tirolo. Nell’ambito del programma di “eutanasia” nazista dal solo manicomio di Hall furono deportati a Hartheim o a Niedernhart, nei pressi di Linz, 360 degenti, fra uomini e donne, per essere uccisi. Dal manicomio di Pergine Valsugana e dalla sua succursale di Stadio furono portati nelle strutture della Germania meridionale 299 degenti suditirolesi. Molti di essi morirono nell’ambito delle pratiche di “eutanasia selvaggia” per sistematica denutrizione e mancanza di cure.

Il filmato solleva anche la questione della resistenza, della responsabilità e della colpevolezza: quale ruolo ebbe, ad esempio, il personale infermieristico? Aveva la possibilità di intervenire per proteggere i pazienti? Come si comportarono i medici? Chi fu chiamato a rendere conto dei suoi atti in tribunale?

I materiali didattici approntati per la sequenza [tre] mirano anzitutto a fare chiarezza. Si comincia con un testo esaustivo teso a fornire una visione d’insieme sul problema della “uccisione dei malati di mente nell’ambito del programma di eutanasia nazista in Tirolo” e si passa quindi a presentare una serie di fonti molto diverse tra loro da sottoporre a un esame critico: dalle nozioni sulla storia delle razze nei libri di testo nazisti fino ai verbali d’interrogatorio della polizia criminale o alla deposizione resa da un testimone del tempo, un infermiere di Ybbs che scelse di opporre resistenza.

» Proposta di unità didattica I: Igiene razziale e politica demografica naziste. Idee e diffusione
» Proposta di unità didattica II: Il ruolo della psichiatria in epoca nazista. Collaborazione e rifiuto

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Proposta di unità didattica I:

Igiene razziale e politica demografica naziste. Idee e diffusione

Obiettivi didattici:

  • Farsi un’idea della storia dell’eugenetica e dell’igiene razziale
  • Individuare gli antecedenti in termini di storia delle idee della politica demografica nazista
  • Analisi e riflessione critica sull’immagine dell’uomo nazista
  • Individuare gli effetti socializzanti di materiali pedagogici, ad esempio dei libri di testo nazisti
  • Rafforzare la capacità di analisi dei programmi iconografico-testuali della letteratura di propaganda nazista

 

Informazioni di base:

L’ideologia e la politica di epoca nazista non sono sorte dal nulla. Anche la politica sanitaria nazista poteva rifarsi a idee preesistenti, gran parte delle quali avevano visto la luce nel cuore delle scienze mediche. Il discorso sulla prevenzione delle cosiddette vite “indegne di essere vissute”, ad esempio, si sviluppò fin dalla fine del secolo XIX – esso fu sviluppato in maniera sostanziale anche da medici e portato avanti, in particolare, nell’ambito del dibattito sulla sterilizzazione. Sotto il nazismo ebbe luogo una radicalizzazione delle politiche di emarginazione nei confronti delle persone affette da menomazioni mentali, psichiche o fisiche, culminanti nella loro soppressione. Il testo riassuntivo corredato da due illustrazioni fornisce le informazioni di base e può essere usato come introduzione all’unità didattica (lezione) o essere distribuito agli studenti come materiale di consultazione. Le fonti A, B, e C sono state incorporate nel testo di sintesi e servono agli studenti per approfondire l’analisi. Il “Foglio di lavoro per gli studenti” riporta una serie di semplici domande sulla comprensione delle tre fonti.

L’uccisione dei malati di mente – il programma di “eutanasia” nazista in Tirolo

I degenti degli ospedali psichiatrici provinciali, che all’epoca si chiamavano ancora istituti di cura, erano particolarmente colpiti dalle misure della politica sanitaria nazista. Nell’ambito della cosiddetta “operazione T4” molti di loro, come anche i degenti di ricoveri e ospizi e di altre strutture socio-assistenziali, furono prelevati dagli istituti in cui si trovavano e uccisi in centri di eutanasia appositamente istituiti.

L’uccisione sistematica di persone portatrici di una disabilità psichica, mentale o fisica fu la prima operazione di sterminio di massa del regime nazista. Per minimizzarne la portata, essa venne definita “eutanasia”, termine che letteralmente significa “buona morte”.

In epoca nazista l’originaria funzione di cura e custodia si radicalizzò fino a trasformarsi in cura e annientamento. A tal fine ci si poté basare sulle idee e sulle teorie che dalla fine del secolo XIX, e in particolare dopo la Prima guerra mondiale, acquistarono una popolarità crescente anche nell’area di lingua tedesca. Influenzate dal darwinismo sociale, l’eugenetica e l’igiene razziale sostenevano già da parecchi decenni la “selezione” e “soppressione” degli “inguaribili” e degli “inabili” (fonti A, B e C). I nazisti approfondirono ulteriormente queste idee, le radicalizzarono e le misero infine in atto. Le misure di igiene razziale furono dichiarate essenziali per la sopravvivenza della Germania (fonti B e C.). Con l’adozione della “Legge sulla prevenzione delle tare ereditarie” cominciarono le sterilizzazioni forzate in Germania, a partire dal 1933, e in Austria, a partire dal 1940. Ne furono vittime anche e in special modo le pazienti e i pazienti psichiatrici. In molti casi ci si pronunciò in favore di una dimissione dal manicomio solo una volta avvenuto l’intervento di sterilizzazione.

A partire dal 1939 i pazienti giudicati inguaribili e improduttivi furono mandati a morte in quanto “vite indegne di essere vissute”. Più di 200.000 persone caddero vittime del programma di “eutanasia” nazista nel Terzo Reich. Per il Gau Tirol-Vorarlberg il numero delle vittime accertate ammonta a 707 unità. Dal solo Istituto di cura e di assistenza di Hall furono mandate a una morte certa ben 360 pazienti, partiti dalla struttura con quattro diversi convogli. Essi furono assassinati fra il 1940 e il 1942 nel Centro di eutanasia di Hartheim o nell’Istituto di cura Nierdernhart, ubicati entrambi nei pressi di Linz. Quello di Hartheim era uno dei sei centri di eutanasia del Terzo Reich. Dal maggio 1940 fino alla sospensione ufficiale dell’operazione di “eutanasia” nell’agosto 1941 furono qui uccise col gas e cremate più di 18.000 persone portatrici di disabilità fisica e/o mentale oppure affette da una menomazione psichica. Nel dicembre 1944 il centro di eutanasia venne dismesso e furono fatte sparire le tracce di tutte le strutture.

L’unica foto conosciuta del castello di Hartheim con la ciminiera fumante del crematorio risale probabilmente al 1940/41 Fonte: Karl Schuhmann

Grazie alla pressione pubblica, esercitata soprattutto dai familiari dei pazienti e da alcuni rappresentanti della Chiesa, l’“operazione T4” venne sospesa nell’agosto 1941. Negli anni seguenti le uccisioni continuarono, portate avanti in singole strutture psichiatriche nell’ambito di cosiddette operazioni di “eutanasia selvaggia” o decentralizzata. Se ne ha notizia anche per quanto riguarda alcune strutture austriache, quali ad esempio Gugging, Klagenfurt o Niedernhart. Assenza di cura e assistenza, privazione del cibo e sovradosaggio di farmaci furono usati in maniera mirata per uccidere i degenti. Dal gennaio del 2011 è stato avviato un progetto di ricerca volto ad appurare se all’adozione di siffatti provvedimenti possa essere imputato anche l’aumento del tasso di mortalità, registrato nell’Istituto di cura di Hall negli anni 1944 e 1945.

I medici e il personale infermieristico potevano essere coinvolti in maniera molto diversa gli uni dagli altri nei crimini di “eutanasia”. La loro collaborazione spaziava dalla preparazione dei pazienti per i trasferimenti o dalla loro selezione, operata dagli infermieri e dalle infermiere (fonte D), fino all’uccisione diretta mediante sovradosaggio di farmaci (fonte E). È noto che in alcuni casi si registrarono episodi di rifiuto a collaborare e di resistenza (fonte F). Anche i direttori sanitari delle strutture psichiatriche di Hall e di Innsbruck, Ernst Klebelsberg e Helmut Scharfetter, riuscirono in singoli casi a impedire la deportazione e l’uccisione dei pazienti, sottolineando per lo più la loro abilità al lavoro. Tuttavia, nel fare ciò, essi assunsero una certa forma di responsabilità nel sistema di selezione e annientamento. Dalla loro presa di posizione dipendeva infatti chi veniva salvato e chi annientato. Poiché dopo il 1945 si volle interpretare la loro condotta come una resistenza opposta agli ordini di uccisione impartiti dal regime nazista, dopo la guerra poterono continuare a esercitare e a dirigere le rispettive strutture psichiatriche.

Il dottor Hans Czermak (secondo a sinistra) insieme al Gauleiter Franz Hofer (a destra) e al Volkgruppenführer Peter Hofer (a sinistra) all’inaugurazione della seconda mostra d’arte del Gau a Innsbruck nel giugno 1941
Fonte: Michael Gehler

Accusato di essere il principale resposabile dell’organizzazione e dell’attuazione dei trasferimenti dei malati del programma di “eutanasia” in Tirolo e Vorarlberg, il dottor Hans Czermak, responsabile della ripartizione Salute pubblica presso il Gau Tirol-Vorarlberg, fu condannato a una pena detentiva di otto anni. Ernst Klebelsberg, direttore sanitario del manicomio di Hall, fu il principale teste in questo processo. La corte accertò la sua non colpevolezza. Non furono invece avviati procedimenti penali a carico del personale infermieristico di Hall. I giudici ipotizzarono che non ci fosse stato un coinvolgimento diretto della struttura nei crimini di “eutanasia”.

 

 

 

Fonte A: Il medico Alfred Plötz (1860-1940) coniò in Germania alla fine dell’Ottocento il concetto di igiene razziale. Il benessere del singolo doveva essere subordinato al “benessere del popolo”. Le attività di cura, il supporto e l’assistenza dei malati o delle persone portatrici di una disabilità mentale o psichica furono giudicati come “sentimentalismo” e ingerenza nello sviluppo naturale. A suo dire, si opponevano alla cosiddetta “selezione naturale della specie” e impedivano all’elemento più forte di avere naturalmente la meglio su quello più debole. Secondo l’igiene razziale, la medicina moderna contrastava questa selezione naturale, in quanto curava e assisteva le persone malate, deboli e inguaribili, prolungando loro la vita.

 

Fonti B e C: Il regime nazista ricorse a discorsi, film e articoli di giornali, anche a libri di testo e a materiali didattici, per diffondere l’igiene razziale e la dottrina dell’ereditarietà. L’importanza e presunta necessità dei provvedimenti di igiene razziale dovevano essere insegnate già ai bambini e agli adolescenti. Nel fare ciò, la politica sanitaria nazista si reggeva su preesistenti teorie dell’ereditarietà e della dottrina della degenerazione nonché dell’igiene razziale e sociale. Questioni quali la scelta del partner, il desiderio di figli e la sessualità erano sempre più regolamentate dallo Stato. Con l’attuazione della “Legge sulla prevenzione delle tare ereditarie” presero il via in maniera sistematica le sterilizzazioni forzate in Germania, a partire dal 1933, e in Austria, a partire dal 1940. Lo scopo era impedire la riproduzione delle persone giudicate affette da malattie ereditarie. Con il ricorso a illustrazioni e suggestivi fumetti, questa ideologia fu inculcata anche ai giovani in età scolare.

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Proposta di unità didattica II:

Il ruolo della psichiatria in epoca nazista. Collaborazione e rifiuto

Obiettivi didattici:

  • Conoscere le diverse opzioni pratiche del personale infermieristico nell’ambito del programma di “eutanasia” nazista in Austria
  • Individuare il dilemma dell’agire medico e infermieristico nel conflitto fra collaborazione e rifiuto a collaborare
  • Conoscere diverse tipologie di fonti (corrispondenza interna al sistema, testimonianze rese davanti a una corte di giustizia, ricordi di un testimone del tempo) e saperle interpretare
  • Confronto critico con questioni di ubbidienza, gerarchia e responsabilità dell’agire individuale sullo sfondo dell’esperienza storica
  • Approfondire la questione di come dalla storia o dalle conoscenze storiche si possa imparare qualcosa per il presente

 

Informazioni di base:

Ai fini dello sterminio di massa dei degenti delle strutture psichiatriche era necessaria anche la collaborazione diretta e indiretta anche del personale medico e infermieristico. Esisteva un ampio spettro di forme di collaborazione e di rifiuto: dalla partecipazione attiva alle operazioni di eutanasia all’aiuto fornito ad esempio nell’ambito della preparazione dei degenti per i trasferimenti. Singoli esempi di medici – uomini e donne –, di infermiere e di infermieri dimostrano tuttavia che si poteva anche opporre resistenza. Anche per la proposta di unità didattica II il testo riassuntivo fornisce le informazioni di base e può essere usato come introduzione all’unità didattica (lezione) o essere distribuito agli studenti come materiale di consultazione. Le fonti D, E e F sono state incorporate nel testo di sintesi e servono agli studenti per approfondire l’analisi. Il “Foglio di lavoro per gli studenti” riporta una serie di semplici domande sulla comprensione delle tre fonti.

Fonte D: Pochi giorni prima che avesse luogo il previsto trasferimento a Niedernhart di 60 degenti dell’Istituto di cura di Hall allo scopo della loro uccisione, una persona della struttura (poiché manca la firma, non se ne conosce l’identità) si rivolse per iscritto a un non meglio identificato “collega”. Il nome di un paziente abile al lavoro, selezionato in vista del trasferimento, doveva essere rimosso dalla lista su richiesta del personale infermieristico. Al suo posto fu proposto per il trasferimento un bambino di sei anni, che infine fu deportato. Questo esempio evidenza la problematica della responsabilità e del margine d’azione del personale medico e infermieristico. Mentre si battevano per la sopravvivenza di un paziente, gli infermieri si dichiararono d’accordo con il trasferimento di un bambino e assunsero pertanto un ruolo attivo nella selezione dei pazienti destinati ai convogli.

 

Fonte E: Sospesa l’“operazione T4” nell’agosto 1941, in singole strutture, ad esempio nel manicomio e cronicario regionale di Klagenfurt, si continuò a uccidere dei pazienti. Spesso si ricorreva a un sovradosaggio di farmaci per provocare la morte. Inoltre nelle diverse strutture molti degenti morirono per denutrizione e mancata assistenza. Accanto ai medici si resero responsabili di queste morti anche una serie di infermieri e di infermiere. Nei processi celebrati nel dopoguerra essi furono chiamati a rendere conto dei loro atti e alcuni di loro vennero condannati. Qui di seguito viene riprodotta una deposizione della suora caposala Antonie Pachner, accusata in uno di questi processi, la quale lavorava nel cronicario regionale di Klagenfurt. Inizialmente condannata a morte, la sua pena fu poi commutata a venti anni di carcere. Alla domanda della corte sul modo in cui venivano uccisi gli assistiti, la suora dichiarò quanto segue:

 

Fonte F: Sono pochi gli infermieri e le infermiere di cui si sa che si sono opposti all’ingranaggio dei crimini e che hanno rifiutato di collaborare. Uno di essi era Franz Sitter, infermiere nell’Istituto di cura di Ybbs, in Austria Inferiore. Egli fu distaccato a un servizio di emergenza nel Centro di eutanasia di Hartheim, nei pressi di Linz. Quando si rese conto di ciò che accadeva realmente a Hartheim, ossia lo sterminio di massa di pazienti di strutture psichiatriche, rifiutò di collaborare e si fece ritrasferire a Ybbs. In seguito fu reclutato nella Wehrmacht (cfr. anche la breve biografia riprodotta in: http://www.oegkv.at/uploads/media/fuerstler__malina_01.pdf).

 

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Materiali di approfondimento

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Michael Bossle, Leben ist lebenswert! Projekt „Pflege im Nationalsozialismus“, in: PADUA, Die Fachzeitschrift für Pflegepädagogik. Thieme Verlag. Quaderno 4/08, pp. 20-26

Michael Bossle / Irene Leitner, Prägendes Erlebnis. Lernprogramm „BerufsbildMenschenbild“ an einem historischen Ort der NS-Euthanasie, in: PADUA, Die Fachzeitschrift für Pflegepädagogik. Thieme Verlag. Quaderno 2/11, pp. 43-49

Oliver Seifert, „Sterben hätten sie auch hier können.“ Die „Euthanasie“ – Transporte aus der Heil- und Pflegeanstalt Hall in Tirol nach Hartheim und Niedernhart, in: Brigitte Kepplinger / Gerhart Marckhgott / Hartmut Reese (a cura di), Tötungsanstalt Hartheim (= Oberösterreich in der Zeit des Nationalsozialismus 3), Linz 2008, pp. 359-410.

Brigitte Kepplinger, NS-Euthanasie in Österreich: Die „Aktion T4“- Struktur und Ablauf, in: Brigitte Kepplinger / Gerhart Marckhgott / Hartmut Reese (a cura di), Tötungsanstalt Hartheim (= Oberösterreich in der Zeit des Nationalsozialismus 3), Linz 2008, pp. 35-62.

Gerhard Fürstler, Der psychiatrische Krankenpfleger aus Ybbs/Donau Franz Sitter, in: Österreichische Pflegezeitschrift 5/03.

Testo di base:

Elisabeth Dietrich-Daum / Michaela Ralser, , “Gli ambienti psichiatrici” nell’area del “Tirolo storico” dal 1830 ai giorni nostri giorni. Uno sguardo d’insieme, in: Elisabeth Dietrich-Daum / Hermann Kuprian / Siglinde Clementi / Maria Heidegger / Michaela Ralser (a cura di), Ambienti psichiatrici. La psichiatria e i suoi pazienti nell’area del Tirolo storico dal 1830 a oggi, Innsbruck 2012, pp. 17-41.

Approfondimenti bibliografici: 

Andrea Sommerauer / Franz Wassermann (a cura di), Temporäres Denkmal. Prozesse der Erinnerung, Innsbruck-Wien-Bozen 2009.

Hartmann Hinterhuber, Ermordet und vergessen. Nationalsozialistische Verbrechen an psychisch Kranken und Behinderten in Nord- und Südtirol, Innsbruck 1995.

Gerhard Fürstler / Peter Malina, „Ich tat nur meinen Dienst“. Die Beteiligung österreichischer Krankenschwestern und Krankenpfleger an Verbrechen gegen die Menschlichkeit in der Zeit des Nationalsozialismus. Zur Geschichte der Krankenpflege in Österreich, in: Österreichische Pflegezeitschrift 2/03. (http://www.oegkv.at/uploads/media/fuerstler_malina.pdf).

Ulrike Gaida, Zwischen Pflegen und Töten. Krankenschwestern im Nationalsozialismus. Einführung und Quellen für Unterricht und Selbststudium, Frankfurt a. M. 2008.

Ilsemarie Walter, Auswirkungen des „Anschlusses“ auf die österreichische Krankenpflege, in: Pflege 2003; 16:6-16.

Stefan Lechner, Zwangssterilisationen von “Erbkranken” im Reichsgau Tirol-Vorarlberg 1940-45, in: Geschichte und Region / Storia e regione 6 (1997), pp. 117-161